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giovedì 20 novembre 2014

Piccolo giro nel sestiere di Porta Romana


Prima tappa: San Calimero 
Di origine antichissima (fu costruita in origine nel V secolo, pare sul luogo di un tempio di Apollo), si presenta oggi con tratti quasi completamente moderni, a causa di un disastroso "restauro" operato dall'architetto Angelo Colla nel 1882, allo scopo di riportarla alle presunte forme "medievali" originali.





La cripta conserva l'altare-tomba del vescovo San Calimero, in cui furono traslate le ossa del santo nel 1609 per volere del vescovo Federigo Borromeo, come reca un'iscrizione sul retro.
Nella navata destra è un curiosissimo pozzo (funzionante) costruito sul luogo in cui le ossa furono ritrovate immerse nell'acqua, dando vita alla leggenda secondo cui il vescovo sarebbe stato martirizzato e il suo cadavere gettato per spregio in un pozzo.
L'acqua di questo pozzo era considerata in passato "miracolosa" contro la siccità e le malattie. Attualmente l'acqua è stata dichiarata non potabile dal Comune e il pozzo sigillato.


Il campanile, retrostante all’abside, è posto, curiosamente, in posizione diagonale rispetto alla chiesa.
Sempre in via San Calimero, sorge la chiesa di Santa Maria della Visitazione
Santa Maria della Visitazione, particolare della facciata
 Seconda tappa: piazza Andrea Ferrari 
sul muro che costeggia via San Calimero e prosegue poi in via Mercalli si trova un bel murale che ricorda alcuni milanesi illustri.














Terza tappa: Santa Maria dei Miracoli presso San Celso 
Il Santuario di Santa Maria dei Miracoli presso San Celso sorge in luogo sacro. Fin dai primi anni del Cristianesimo fu santificato dal martirio di due Santi a cui Sant'Ambrogio fu molto devoto: i Santi Nazzaro e Celso.





I corpi di questi due martiri furono ritrovati lo stesso giorno da Sant'Ambrogio il 10 maggio dell'anno 396, l'anno prima della sua morte.
Il corpo di San Nazzaro fu posto in quella che fino ad allora si chiamava basilica dei Santi Apostoli, in corso di Porta Romana, San Celso invece rimase sul luogo in una piccola chiesa a lui dedicata. 

San Celso
Affinché il suolo che aveva custodito i corpi dei martiri avesse un segno sacro, Sant’Ambrogio fece costruire una nicchia con l'immagine della Madonna, protetta da un'inferriata.

Nel 1430 il duca di Milano Filippo Maria Visconti fece costruire una piccola chiesa per proteggere la Madonna di Sant'Ambrogio e potervi celebrare le funzioni al coperto. Era in senso trasversale alla basilica di San Celso e conteneva circa trecento persone. L’immagine della Madonna, come si usava allora, era coperta da una tenda, che si toglieva solo nelle occasioni solenni.
L'anno 1485 fu l'anno di una delle ricorrenti pesti del passato e la gente affollava le chiese per ottenere la guarigione. Il 30 dicembre di quell'anno la chiesetta era affollata per la Messa, dopo la comunione la Madonna con gesto materno scostò con la mano sinistra la tenda che la nascondeva.
una copia dell'immagine miracolosa
La costruzione del Santuario, voluto dalla devozione popolare dopo il miracolo, fu iniziata nel 1493 su progetto di Gian Giacomo Dolcebono.

Da secoli è tradizione che le spose milanesi, subito dopo la celebrazione del matrimonio, portino un mazzo di fiori alla Madonna.


Quarta tappa: il giardino
Dietro la chiesa di Santa Maria dei Miracoli pressso San Celso è possibile sostare in un piccolo giardino.








Quinta tappa: la casa della meridiana 
La Casa della Meridiana è un edificio multipiano di Milano, destinato ad appartamenti di lusso, sito a sud del centro storico, in via Marchiondi 3.



Il progetto di questo edificio per abitazioni è di Giuseppe De Finetti (1925); nel volume a gradoni erano in origine contenuti cinque diversi appartamenti espressamente studiati per i relativi committenti; concepita come una villa multipla, vi scompare per la prima volta a Milano il tradizionale scalone condominiale, sostituito da un ascensore che dava direttamente accesso agli appartamenti; alla sobrietà dei prospetti si contrappone la ricchezza e la raffinatezza dei servizi comuni; la meridiana è opera di Gigiotti Zanini.




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